Cantante lirico di fama internazionale
A cura di Aurora Cantini
C’è un angolo, nel paese di Selvino, sull’Altopiano omonimo, da sempre denominato Il Castello. Svetta maestoso e limpido, nella sua pregiata architettura, poco sopra la stazione di arrivo della funivia Albino – Selvino, arroccato sopra uno sperone roccioso alle pendici della salita detta dei “Cornèi” (da cornelli, spuntoni di roccia), un breve strappo d’altitudine con pendenza al 15% che conduce ad Aviatico e in Valle Brembana.
Il Castello, seppur proprietà privata, è patrimonio nella memoria collettiva del paese. In realtà pochi sanno che fu dimora di un personaggio bergamasco della Valle Seriana noto nei tempi passati, cantante lirico di fama internazionale, ma della cui epopea oggi non v’è quasi più traccia. Si tratta del Tenore Federico Gambarelli, Primo Tenore Assoluto, uno dei più grandi tenori bergamaschi, la cui carriera partì dal Conservatorio di Bergamo, si sviluppò a Roma e poi dilagò in una serie di tournée in giro per il mondo.
Uomo di umili origini, nato ad Albino il 6 maggio 1858 e morto il 5 giugno 1922, visse gran parte del suo tempo libero a Selvino, dove dimorò nella sua “Villa Castel”, una costruzione già registrata nel 1195 nell’Atto di Privilegio del Consiglio Maggiore di Bergamo, appartenente ad una antica famiglia selvinese, gli Aghine, e che Gambarelli acquistò con i guadagni dei suoi innumerevoli concerti.
Grazie alle sue straordinarie doti canore, conquistò ben presto fama internazionale e fu conteso dai maggiori teatri di tutto il mondo, tra cui Mosca, Buenos Aires, Cordova, America Latina, Malta e il Metropolitan di New York. Aveva in repertorio ben 47 opere liriche ed era capace di passare facilmente dal dramma all’opera leggera, alla romanza, alla tragedia o alla musica sacra. Perfino Giacomo Puccini, suo coscritto, lo decantò per le sue interpretazioni di assoluta armonia e mantenne con lui un’amicizia che durò tutta la vita. Non dimenticò mai che nel 1887 a Pisa, con una grande interpretazione, Gambarelli portò al successo la sua opera al debutto “Le Villi”; fu tale la sua potenza che il maestro venne richiamato sul palco per ben dodici volte. In America Latina, in una gara tra i maggiori tenori internazionali dell’epoca, Gambarelli ne uscì vincitore, l’unico che riuscì a fare di “Spirito Gentil” un capolavoro vocale. Purtroppo all’epoca il fonografo non aveva ancora preso piede, perciò a differenza del collega e amico Caruso, delle esibizioni di Gambarelli non è rimasta alcuna traccia.
Sapeva trasformarsi nei personaggi più diversi, ora Otello, o Manrico nel Trovatore, ora Radames o Mefistofele scatenando veri e propri episodi di fanatismo nel pubblico. La sua sfolgorante ma nello stesso tempo brevissima carriera iniziò nel 1882 e terminò soltanto 13 anni dopo, nel 1895, quando Gambarelli, che nel frattempo aveva anche ricevuto un titolo nobiliare, si ritirò per diventare sacerdote. Ma in questi soli 13 anni ribaltò e sconvolse il mondo della lirica; fu una star, né più né meno delle rockstar più altisonanti di oggi, perché Gambarelli mandava letteralmente in visibilio le folle.
Non si contano le onorificenze ricevute, come ad esempio all’isola di Malta, a quei tempi sotto il dominio britannico, dove era letteralmente idolatrato al punto che gli venne dedicata una serata al Teatro Regio, alla presenza del Principe ereditario, con l’intera isola abbellita da innumerevoli copie della sua effigie appesi in tutte le vie e sulle facciate dei palazzi.
Le cronache dell’epoca raccontano come fosse al centro di una vera e propria devozione delle platee. Anche per questo ricevette miriadi di doni, regali ed enormi elargizioni, sia nelle uscite pubbliche che al termine degli altisonanti concerti, sempre esauriti. Oro, argento, calici, monili, gioielli, pietre preziose, catene e orologi, stilografiche e parure, filigrane e corone, oggetti e suppellettili pregiati, vasellame, abiti e panciotti ricamati. Era invitato a pranzi, balli, ricevimenti e fiaccolate in suo onore. Possedeva un’Armatura in argento finissimo tutta snodata e completa di accessori, un regalo dei suoi fans in America Latina, indossata per interpretare il crociato Oronte durante l’opera “I Lombardi alla Prima Crociata” di Giuseppe Verdi, e che nel 1911 decise di donare alla parrocchia di Gazzaniga, per vestire lo scheletro di Sant’Ippolito. L’Elmo di Radames dell’opera Aida, venne invece donato alla parrocchia di Premolo per rivestire il teschio di San Defendente, anch’esso dono del Gambarelli. Gli spadoni e le corone, i giustacuori e i pettorali di scena li donò a comunità e parrocchie, associazioni e congregazioni, come segno della sua profonda spiritualità. Don Tarcisio Cornolti, compianto sacerdote presso l’Unità Pastorale Selvino Aviatico, ricordava ancora quando nel 1969 conobbe il nipote diretto del Tenore, don Camillo Gambarelli, parroco di Spino al Brembo. Frequentava la sua casa in qualità di curato e osservava rapito la stanza del prete colma di tutte le vesti, gli oggetti, le lettere, i cimeli, i gioielli e le armature del famoso zio.
Giunto al clou di una folgorante carriera, l’”incontro” casuale, in Messico, con la Madonna di Guadalupe, patrona dell’America Latina: una tela dipinta raffigurante la madonna morenita, dono dei Padri Gesuiti della città di Puebla. La profonda devozione che ne seguì lo spinsero a erigere in località Piazzo di Nembro un piccolo Oratorio sul fondo di una grotta carsica nei pressi della casa paterna e del suo villino, e poi costruire un santuario in un suo possedimento ad Albino dove collocare la tela della Madonna impreziosita da una corona d’oro massiccio cesellata finemente con esclusive pietre preziose.
Anche dopo essere diventato sacerdote nel 1898 a 40 anni esatti e poi Monsignore, Gambarelli non abbandonò il canto. Si giunse ad avere nelle chiese della città e della provincia dimostrazioni che sapevano di profano entusiasmo. Dove cantò lasciò ricordi incancellabili.
A Selvino era di casa e mai si tirò indietro quando gli chiedevano di cantare. Dai registri del tempo risulta infatti che in occasione della festa della Madonna della Neve del 5 agosto 1912 Gambarellì cantò la Messa Solenne alla chiesa della Madonna della Neve (posta sulla strada verso Rigosa) in occasione delle celebrazioni patronali del 5 agosto. Era talmente profondo il suo legame con l’Altopiano che ripeté la sua celebrata esibizione nella ricorrenza del 1921, poco meno di un anno prima di morire.
Negli ultimi anni Monsignor Gambarelli divise la sua vita tra la sua Villa Castel e la sua chiesa ad Albino, tutt’oggi aperta al pubblico. Nella chiesa-santuario di Albino egli collocò la copia autenticata della Sacra Sindone, dono della famiglia Savoia nel 1886, oltre i cimeli di quella che era stata la sua avventurosa vita di cantante, costumi dei suoi personaggi, armature, collane, gioielli, pupazzi rivestiti degli abiti sontuosi, l’elmo di Radames, il giustacuore di Otello, la corazza di Manrico, l’armatura completa del prode Tancredi. Aveva fatto decorare le pareti con i pregiati affreschi dell’amico pittore Guglielmo Lecchi, molto famoso a quel tempo, specializzato proprio in opere religiose. Lo stesso Guglielmo Lecchi nel 1909 era salito a Selvino ospite alla Villa Gambarelli, per decorare, dipingere e affrescare gratuitamente la chiesetta della Madonna della Neve che era stata ampliata e rimodernata
Giacomo Puccini amava trascorrere molto tempo sull’Altopiano, lo si vedeva passeggiare lungo la via cavalcatoria soffermandosi a conversare con la gente del posto, sempre elegante e distinto, con la sua paglietta e il bastone. Anche nei primi mesi del 1922 il compositore soggiornò a Selvino, voleva stare vicino all’amico che non stava bene. Ma il 5 giugno 1922 Gambarelli morì e venne sepolto nella cappella di famiglia che si era fatto costruire quando era ancora in vita. Nulla più rimase dei suoi tanti successi e di quella carismatica passione che “mandava in visibilio le folle”.
SULLE TRACCE DEI LUOGHI DEL TENORE GAMBARELLI
L’itinerario di riscoperta del famosissimo tenore Federico Gambarelli parte da Selvino, dove si può ammirare il Castello, che seppur abitazione privata e restaurata nel tempo, si offre ancora in tutta la sua bellezza, con limitrofo il “Giardino del Castello” un tempo parte della proprietà, aperto al pubblico. Poco più sotto, sulla strada verso Rigosa si può entrare nella chiesetta della Madonna della Neve, alla cui devozione e abbellimento contribuì lo stesso Gambarelli. Anche ad Aviatico se si adocchia lo sguardo verso il pendio nella zona Cantul si può trovare traccia di un “castelletto” anch’esso di proprietà del Gambarelli.
Ad Albino, di fronte al Municipio, all’ingresso del Vicolo Gambarelli, è visitabile lo splendido Santuario della Madonna di Guadalupe dove, insieme alla copia autentica della Sacra Sindone e l’effigie della Madonna di Guadalupe, si possono ammirare alcuni dei numerosissimi cimeli appartenuti al grande Tenore, oggi quasi totalmente scomparsi, e gli affreschi del pittore Guglielmo Lecchi. Al cimitero di Albino, sul lato sinistro, è visibile lo stupendo monumento funerario in cui riposa Gambarelli e alcuni dei suoi familiari.
A metà della storica via Mazzini all’incrocio con via Vittorio Veneto, si può ammirare l’abitazione dove nacque.
A Piazzo Nembro, salendo da via Madonna della Neve, si approda sul pianoro dove Gambarelli aveva una proprietà di famiglia e dove c’è ancora la dolina (grotta) carsica in cui fece mettere l’effigie della Madonna di Guadalupe. Una cappellina votiva realizzata per volere della famiglia Gambarelli Masseroli invita alla tranquillità e alla bellezza.
Nella parrocchiale di Premolo si può ammirare l’elmo di San Defendente , come pure nella chiesa di Gazzaniga l’armatura di Sant’Ippolito.
Nel 2018, in occasione del 160° anniversario della nascita, è uscito il libro “Una voce dimenticata, il tenore Gambarelli” di Aurora Cantini per il Centro Studi Valle Imagna, che ne narra l’epopea.
Blog dell'autrice Aurora Cantini
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